Se disponessimo di una potente macchina del tempo potremmo provare a fare un balzo all’indietro di circa 40 milioni di anni, in un’era geologica chiamata Oligocene. Nell’area che oggi corrisponde al Veneto ci troveremmo di fronte ad un mare poco profondo, avvolti in un clima tropicale. All’orizzonte, nell’attuale zona che va dai monti Berici alla Lessinia, vedremmo una fiorente barriera corallina a delimitare una placida laguna, dove inizia a depositarsi i resti di una specie di alghe, le nullipore. E’ in questo “grembo” preistorico che inizia la storia della pietra di Vicenza.
La sedimentazione dei resti delle nullipore è il fenomeno alla base della formazione di quella pietra, bianca e tenera, che oggi è conosciuta in tutto il mondo come Pietra di Vicenza. I numerosi reperti archeologici che sono oggi visibili a Vicenza nel Museo Archeologico di Santa Corona, a Este nel Museo Nazionale e nel Museo Civico agli Eremitani di Padova, provano come la conoscenza di questa pietrà fosse presente già tra le popolazioni paleovenete e poi in epoca romana.
Nel medioevo, tra le varie corporazioni di artigiani presenti a Vicenza, si annoverava quella dei muratori, comprendente una particolare specializzazione, quella dei “taiapiere” (taglia pietre). Lo statuto che regolava questa corporazione risale addirittura al 1402. Possiamo dire che la pietra di Vicenza ha accompagnato, nei secoli, lo sviluppo sociale ed economico di tutto il territorio ai piedi dei monti Berici. Una presenza che potremmo fissare in alcune immagini particolarmente significative.
Nella Vicenza contadina di fine XIX° secolo ed inizio del XX° i mesi invernali erano dedicati alle priare – così venivano chiamate le cave di pietra di Vicenza – ed era facile imbattersi in carretti trainati da diverse paia di buoi che portavano blocchi di bianchissima pietra, estratti a colpi di scalpello e “pendole” (cunei), verso i laboratori.
Quei bianchi blocchi di pietra non avevano lasciato indifferente nemmeno un grande architetto vicentino come il Palladio che la adoperava nei suoi progetti per la creazione di pilastrature, cornici per finestre e porte e per le decorazioni. Ma girando per le campagne ai piedi dei Berici si potevano notare bianche striature caratterizzare anche le case dei contadini e poi fontane, camini e pavimenti.
Una storia, quella di questa zona del vicentino, intrisa del bianco della sua pietra e capace di sviluppare un artigianato conosciuto oramai in tutto il mondo ed i cui manufatti sono ambiti